Antefatto
Il sergente Enea Schmidt, responsabile dell'archivio informatico della polizia cantonese di Lugano, era considerato un uomo responsabile e meticoloso. Durante i trent'anni di servizio aveva ricevuto diversi encomi dai suoi superiori, che ne elogiavano la preparazione e la dedizione al lavoro; nonostante questo, però, non era mai riuscito a ottenere ruoli di alto livello.
Anche quel giovedì di fine luglio Enea Schmidt timbrò il cartellino per ultimo, dopo aver riposto il portatile e una cartellina di documenti non protocollati dentro la borsa.
Scese gli scalini e si diresse a passo lento verso il bar all'angolo, dove ordinò il solito caffè corretto al nocino. Lo sorseggiò gustandone il sapore, salutò i presenti dopo aver pagato il conto e imboccò Corso Pestalozzi; camminò fino a raggiungere il parco Ciani, dove si sedette su una panchina non distante dalla darsena. Le acque del Ceresio erano increspate da una leggera brezza che spesso si alzava da nord prima del tramonto. Osservò silenzioso lo spettacolo che si allargava a vista d'occhio, controllando l'ora di tanto in tanto; man mano che il sole spariva oltre le cime delle montagne, Enea Schmidt diventava più nervoso.
La suoneria dello smartphone lo fece sobbalzare; inserì il jack degli auricolari e strisciò il tasto verde con il polpastrello.
“Ci sono novità?” sussurrò una voce dall'altra parte del microfono.
“Hanno trovato qualcosa”
“Chi ne è a conoscenza?”
“Nessuno al di fuori di chi segue l'indagine; il fascicolo è al momento coperto da segreto istruttorio”
“Di cosa si tratta?”
“Ho sentito parlare del frammento di un gingillo”
“Nient'altro?”
“Nient'altro”.
Seguì un attimo di silenzio; il sergente riuscì ad avvertire il respiro del suo interlocutore farsi più profondo.
“Non pare abbiano nulla di concreto tra le mani” ipotizzò per cercare conferma.
“Non direi” rispose Enea senza esitare, approfittando della posizione di forza che aveva assunto.
“Ti ascolto”
“Stessa cifra?” chiese sforzandosi di mantenere fermo il tono di voce.
Un nuovo silenzio lo convinse che l’uomo stava riflettendo e che, al netto di ogni considerazione, non si sarebbe tirato indietro.
“Stessa cifra”.
Enea Schmidt aprì la tasca laterale della custodia del portatile ed estrasse la cartellina sottratta dagli archivi, sfogliando velocemente le informazioni e soffermandosi su quella che gli interessava.
“Un frammento di ciondolo, placcato in oro, di discreta fattura, in cui si riconoscono due lettere: una V e una S, una sigla o forse un acronimo. Ci stanno lavorando sodo, vogliono chiudere il caso prima che la stampa inizi a ricamarci su; al momento stanno cercando di identificare la vittima”
“V, S” scandì il suo interlocutore prima di mettere giù senza aggiungere altro.
Enea Schmidt sfilò l'auricolare e fece sparire lo smartphone nella tasca del cappotto. Ripose la cartellina nella custodia e iniziò a camminare nella speranza che la vista del lago e l’odore degli alberi lo aiutassero a calmarsi prima di far ritorno a casa. Quella sera avrebbe fatto una sorpresa alla moglie, mostrandole i biglietti di prima classe per Parigi acquistati il giorno prima; voleva farle saggiare un anticipo della vita che li attendeva una volta andato in pensione. Le avrebbe raccontato della favolosa liquidazione che gli spettava, delle agevolazioni di cui avrebbe goduto come ex tutore della legge, e lei non avrebbe fatto domande scomode, certa com’era dell’integrità morale del marito. Enea Schmidt non avvertiva sensi di colpa per essere stato un poliziotto corrotto e vile, pronto a vendere informazioni al miglior offerente; odiava il paese in cui era nato e le leggi che aveva giurato di far rispettare, uno stato colpevole di avergli ostacolato la carriera che sentiva di meritare, relegato a un ruolo marginale in un ufficio polveroso e di nessuna importanza operativa.
Pur avendo le chiavi, citofonò per avvisare di essere tornato; prima di entrare nell’androne, però, estrasse la SIM dallo smartphone, la bruciò sotto la fiamma di un accendino e fece sparire tutto in una piccola busta compostabile abbellita dal logo verde della farmacia Viganelli. Poi ne aprì una seconda di carta, che teneva piegata nella tasca interna della giacca, e ci infilò il contenuto della cartellina; infine si avvicinò ai contenitori dei rifiuti, la differenziò con cura e si allontanò con un sorriso soddisfatto.
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